venerdì 19 giugno 2015

Recensione: KHOST "Corrosive Shroud"
2015 - Cold Spring




Gli inglesi KHOST, provenienti da Birmingham, trovano la loro identità tra le rovine dei tanti capannoni dismessi, ed è proprio da li che questi due individui traggono la giusta ispirazione. Damian Bennett (Carthage, Deathless) e il compagno Andy Swan (Iroha, Final, Atrocity Exhibition) respirano coscientemente le polveri dell'amianto in modo da arricchire un sound ruvido, filtrato, assordante e di non facile fruizione, soprattutto per chi non è predisposto a certe dinamiche doom/industrial. Il secondo album "Corrosive Shroud" scava nella desolazione umana per sviluppare una personale visione sull'alienazione contemporanea. La scansione temporale dell'opera è la sola pista praticabile per poter delineare il profilo dei Khost in modo razionale e coerente, questo perché il nuovo capitolo è la logica conseguenza del debutto "Copper Lock Hell" (2014), è la fase di un processo ciclico in continuo mutamento. Tutta la colonna sonora è una catena di azioni e reazioni, così il full-length non è mai finito finché non ha concluso il suo giro completo. Deve essere così non per indurre in confusione l'ascoltatore, ma affinché si percepisca il vero significato dei suoi contenuti. Pochi elementi si allontanano dagli schemi consueti. Opere come questa sono concepite in maniera tale da essere comprese da un numero limitato di eletti. Infatti, non rimane molto spazio per i dubbi o per futili pregiudizi. Nella release è stato coinvolto Eugene Robinson, vocalist degli Oxbow e altri ospiti. Più che una semplice sorpresa.

Contatti: facebook.com/khostband - coldspring.co.uk

TRACKLIST: Avici, Revelations Vultures Jackals Wolves, Black Rope Hell, A Shadow On The Wound, Inversion, Forgery, Red Spot, Bystander, VMIH, Avici, Hostage Remix